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198Giulio M. Facchetti

     Inoltre non c'è motivo di non prestar fede alle parole di Eyraud che parla espressamente della "poca considerazione" riservata dai Pasquensi ai rongorongo: è infatti più che verosimile che in quell'epoca travagliata molti degli stessi nativi non abbiano più prestato tanto riguardo a quegli oggetti aviti ormai illeggibili, consumandoli negli usi più svariati (si ricordi per esempio l'impiego di una tavola come supporto per la matassa di capelli inviata a Jaussen).

     In seguito alle prime ricerche effettuate, Tepano Jaussen si ritrovò in possesso di quattro tavolette, peraltro lunghe e ottimamente conservate: oltre alla B (anche nota come Aruku-Kurenga, con 1135 segni), che trovò tra i capelli ricevuti in omaggio, la A (anche nota come Tahua, con 1825 segni), la C (anche nota come Mamari, con 1000 segni) e la E (anche nota come Keiti, con 822 segni). Il numero di segni indicato è comunque approssimativo. Tutte queste preziose iscrizioni, tranne la E che andò poi distrutta, sono oggi conservate a Roma, presso la Congregazione dei Sacri Cuori.

     In tutto oggi possediamo 26 epigrafi, convenzionalmente indicate con il nome con cui sono note tra gli specialisti oppure, secondo l'uso introdotto da Barthel, con una lettera maiuscola dell'alfabeto dalla A alla Z. In aggiunta alle quattro di Jaussen ce ne sono altre di lunghezza davvero considerevole, come la I (o Santiago Staff: 2920 segni incisi sul bastone di un capoclan), la H (o Great Santiago, con 1580 segni) e la P (o Great Saint Petersburg, con 1163 segni), mentre altre ancora recano solo scarse tracce di scrittura, come la J (o Reimiro 1, con 2 segni) e la W (o Honolulu 4, con 8 segni).

     Un'accurata edizione dei testi dell'isola di Pasqua è disponibile su internet, in un sito davvero eccellente (www.rongorongo.org) per cura e affidabilità scientifica.


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