214 | Giulio M. Facchetti |
Va ricordato a questo punto che nel 1932 l'ungherese Guillaume de Hevesy richiamò l'attenzione sull'apparente somiglianza riscontrabile tra vari caratteri rongorongo e segni della scrittura della Valle dell'Indo. Le distanze geografica e cronologica (la scrittura protoindica fiorì tra il 2200 e il 1700 a.C.), a dir poco abissali, inducono comunque a ritenere queste rassomiglianze delle pure coincidenze (tanto più che la gran maggioranza dei segni del confronto raffigurano stilizzazioni di figure umane, armi o utensili, la cui similitudine di tracciato può ben spiegarsi con il caso). Al proposito il linguista Jacques Guy, uno dei più affidabili studiosi di rongorongo, ha giustamente scritto: «I geroglifici dell'Isola di Pasqua hanno uno stile distinto, unico al mondo (...) Non esiste un milione di modi differenti per disegnare una "figurina di uomo stante", un "pesce", un "bastone", un "arco", una "freccia". Chiedete a un quattrenne di disegnarvi un "uomo con un bastone" e confrontatelo con i geroglifici dell'Isola di Pasqua. Potete star certi di trovare poco altro con una tale somiglianza a quell'"uomo con un bastone". Ciò fa forse di quel bambino un erede degli antichi abitanti dell'Isola di Pasqua?». Anche Fischer concorda apertamente su questo punto. In più, oltre a non esserci la minima traccia del presunto "passaggio" spazio-temporale (ai limiti della fantascienza) dall'India all'Isola di Pasqua, va detto chiaramente che la soverchiante maggioranza dei segni rongorongo non trova un corrispondente nel repertorio grafematico protoindico (composto da più di 400 segni) e viceversa. |