Home      Contents      Previous page    Next page


ANTROPOLOGIA DELLA SCRITTURA189

     2. L'ombelico del mondo

     Il 5 aprile del 1722, domenica di Pasqua, tre navi olandesi sotto il comando dell'ammiraglio Jacob Roggeveen avvistarono un'isola fino ad allora non segnata sulle carte: un vasto triangolo di roccia vulcanica collocato nel Pacifico meridionale, a più di 2000 miglia dai più vicini centri abitati (Tahiti e il Cile). Il giorno successivo gli Olandesi notarono delle colonne di fumo che si levavano da varie zone dell'isola, ma soltanto il 7 aprile, cessato il cattivo tempo, poterono avvicinarsi, sbarcare ed entrare in contatto con la popolazione indigena.

     Gli isolani, naturalmente, manifestarono grande stupore alla vista dei nuovi venuti e delle loro navi, ma anche gli Olandesi, dal canto loro, rimasero sbalorditi degli enormi e monolitici moai (che ritennero costruiti con argilla); l'accoglienza dei nativi fu amichevole, con offerte di generi alimentari, anche se non mancò l'occasione di una scaramuccia, in cui una decina di indigeni caddero sotto i colpi di arma da fuoco degli ospiti.

     L'Isola di Pasqua fu forse avvistata già nel 1563 da Juan Fernandez e, più probabilmente, nel 1687 da Edward Davis, ma le loro indicazioni circa la collocazione sono vaghe e, comunque, i primi Europei a sbarcare furono i marinai di Roggeveen.

     Il nome "Isola di Pasqua" fu dunque scelto da Roggeveen, per commemorare il giorno della scoperta; il nome indigeno attuale è però Rapa Nui e con tale espressione (anche scritta rapanui) si designa la popolazione e la lingua locale.

     Tuttavia neanche Rapa Nui ("grande Rapa") è il nome originario, dato che esso fu attribuito all'Isola di Pasqua, attorno al 1860, da marinai tahitiani che la trovavano somigliante a Rapa, un'isoletta della Polinesia francese oggi nota come Rapa Iti ("piccola Rapa").2


2 Su Rapa Iti e le sue notevoli rovine archeologiche si può leggere il X capitolo el famoso libro Aku-Aku, Il Segreto dell'Isola di Pasqua, Firenze, Giunti Martello, 1976, di Thor Heyerdahl.


Home      Contents      Previous page    Next page