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ANTROPOLOGIA DELLA SCRITTURA191

au / a'u / au "io"; koe / 'oe / koe "tu"; tahi / kahi / tahi "uno"; rua / lua / rua "due"; toru / kolu / toru "tre"; manu / manu / manu "uccello"; motu / moku / motu "isola", "scoglio"; vai / wai / wai "acqua"; ahi / ahi / ahi "fuoco"; ra'à / la / "sole"; maunga / mauna / maunga "montagna"; hetu'u / hoku / whetû "stella"; tangata / kanaka / tangata "persona"; ariki / ali'i / ariki "re", "capo"; hare / hale / hare "casa"; ika / i'a / ika "pesce". La parola per "mare" in hawaiano e maori è moana, termine che in rapanui mantiene il suo significato proprio e originario ("blu"); in rapanui il mare è chiamato vai kava "acqua salata".

     L'indiscutibile affinità linguistica, così come quella razziale, confermata dalle analisi genetiche, sembra indurre perciò a individuare nell'area polinesiana il luogo d'origine degli antichi colonizzatori dell'Isola di Pasqua.

     La posizione di totale isolamento produsse una società complessa e oggi solo parzialmente conosciuta; tuttavia il tratto a prima vista più impressionante (i giganteschi moai, e gli ahu, le piattaforme di pietra), pur rappresentando per molti aspetti un unicum, si inquadra in una tendenza generale delle civiltà evolute della Polinesia verso l'architettura monumentale (si considerino le tombe dei re tongani, gli edifici cerimoniali delle Marchesi, i templi delle Hawaii e delle Isole della Società).4

     Secondo alcuni la popolazione di Rapa Nui, al suo acme, dovrebbe aver raggiunto e superato il limite di 10.000 abitanti, dato demografico di gran lunga eccedente le capacità dell'ecosistema dell'isola, col risultato che le risorse diventarono sempre più scarse e la foresta un tempo lussureggiante fu del tutto obliterata per le necessità della coltivazione e per procurarsi il legname necessario alle operazioni di spostamento e innalzamento dei numerosi moai.

     Il disastro ecologico esasperò al massimo la lotta per la sopravvivenza e un rigoglioso e avanzato ordine sociale degenerò (forse a partire dal XVI secolo) in una serie di sanguinose guerre intestine, con gravi episodi di violenza e perfino di cannibalismo. Sembra che la drammatica consapevolezza di discendere anche da kai-tangata ("mangiatori di persone") fosse ben presente ai Pasquensi, perfino in tempi recenti.


4 Cfr. J. Diamond, Armi, acciaio e malattie, Torino, Einaudi, 1998, p. 46.


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